E’ più importante la tecnica o la forza nel periodo evolutivo?

Sono anni che dedico la mia attenzione, i miei studi, allo stimolo allenante per i portieri dei settori giovanili Professionisti e Dilettanti. L’accrescimento del portiere si compone di svariati aspetti che vanno attenzionati al fine di “accompagnarlo” sia nella crescita sportiva (generale-speciale-specifica), sia in quella ponderale e di volume (periodi proceritas/turgor).


Il modello prestativo del portiere di calcio in Italia è caratterizzato da una dedita attenzione alla  componente tecnica. Attenzione che si è spostata anche nei settori giovanili in maniera oserei dire quasi maniacale.


Questo piccolo excursus serve per introdurre un aspetto che è mutato negli anni ma che purtroppo è passato in secondo piano, e mi riferisco alle diverse caratteristiche che vedono il giovane atleta oggi con una differente composizione corporea e una differente capacità di esprimere la forza. La maniacale attenzione ad altri aspetti ha fatto si che molto andasse però perso “inconsciamente”.


Le diverse caratteristiche del piccolo atleta sono da attribuire al diverso stile di vita che negli anni ha contribuito a rendere sempre di più i ragazzi non dediti al movimento. Questa evoluzione ha portato in realtà ad una involuzione.


Il primo aspetto che osservo quando devo valutare un piccolo portiere è la corsa. La corsa nella sua cinematica può evidenziare lacune motorie nel bambino. Purtroppo la percentuale con deficit motori è crescente, ricordo che parliamo di bambini di 10 anni di età. (Non consiglio di allenare bambini al disotto dei 10 anni nel ruolo del portiere).


La corsa come dicevo nella sua semplicità stimola: propriocezione, riflesso incrociato, triplice estensione d’anca, muscoli tonici e stabilizzatori antigravitari, muscoli agonisti e antagonisti, il core e la coordinazione dei vari segmenti corporei (a livello neuromotorio intra e intermuscolare). 


Detto questo quanti insegnano lo schema motorio della corsa nei bambini al disotto dei 10 anni?


Al giorno d’oggi gli scompensi posturali (paramorfismi) abbinati ad una scarsa ipertrofia muscolare ed a una limitata capacità cardiovascolare e polmonare, hanno creato disequilibri anche in prospetti con percentuali di crescita nel ruolo molto alte.


La ridotta probabilità di avere un ragazzo che possa ambire a fare il portiere professionista sta crescendo di anno in anno. 


E nonostante tutto c’è chi ancora oggi pensa solo ed esclusivamente alla tecnica!


Per assurdo oggi abbiamo più competenze di chi ci ha preceduto, ma al contempo gli Allenatori dei portieri del passato hanno avuto risultati di gran lunga migliori ai nostri, tant’e’ vero che quel periodo viene ricordato come periodo d’oro per i portieri italiani, considerati la massima espressione del ruolo nel mondo.


Quanto detto avvalora lo scenario poc’anzi descritto. Ma se noi siamo più bravi ad allenare i ragazzi perché in Italia nelle primavere (massima espressione del settore giovanile) otto undicesimi (se non di più) dei giocatori che scendono in campo sono stranieri? Semplice gli altri sono più bravi!


Più bravi a far crescere i ragazzi nel periodo evolutivo. Noi pensiamo ad altri aspetti pensando che poi crescendo tali aspetti migliorino da soli, ma purtroppo non è così. Così si bruciano anche i talenti che non siamo stati in grado di valorizzare (molti abbandonano la pratica sportiva). Finita la filiera del settore giovanile i più meritevoli si approcciano alla prima squadra e quanti di loro vi permangono? Pochissimi, e le risposte che si ottengono quali sono? Non sono pronti! 


Si punta semplicemente alla vittoria, soprattutto nei settori giovanili. Se qualcuno non è pronto lo si relega in panchina dimenticando che lo scopo finale è invece quello di far crescere l’atleta non di abbandonarlo.


Se nel proprio organico abbiamo individuato un prospetto meritevole di attenzione perché soddisfa i parametri del modello prestativo, ma al contempo è più tardivo degli altri nell’apprendimento, dobbiamo proteggerlo, aiutandolo a crescere rispettando il suo processo accrescitivo.


Il gioco negli anni addietro era divertimento, e nessuno dei “grandi” invadeva, inquinava quel divertimento. Oggi il calcio si è adattato ai genitori e ad altri “inquinanti” esterni. Questo perché la sconfitta del figlio non è contemplata dal genitore moderno, una sconfitta è difficile da metabolizzare. Ricordo che quando ero piccolo, quando i genitori si intromettevano nel mio gioco, quel gioco perdeva tutta la sua magia.


Come accresciamo e stimoliamo il portiere del futuro?


Le sensazioni che percepiamo dai ragazzi dovrebbero stimolare in noi educatori un nuovo modo di approcciarsi, per contribuire a dare nuove motivazioni, che siano più affini a ciò che l’epoca moderna richiede. 


La forza e il suo sviluppo nei più piccoli può facilitare la comprensione del proprio corpo in movimento (propriocezione). Stimolando la forza/potenza aumentiamo la massa magra componente con caratteristiche energetiche elevate e la densità ossea. Migliora la funzione del cuore incrementando il flusso ematico e di conseguenza più ossigeno ai tessuti. 


La programmazione deve tener presente dei benefici che la forza generale attua.


Per concludere, un allenamento nel periodo evolutivo dovrebbe essere così suddiviso:

    • Dai 5 ai 10 anni il bambino deve stimolare la forza e la coordinazione riducendo al minimo i richiami tecnici. Il bambino deve sviluppare la memoria motoria attraverso la fantasia provando, sbagliando e così imparando attraverso le proprie sensazioni (problem solving). Nella vita di tutti i giorni ci pensano già i genitori a risolvere i problemi dei figli sul nascere, almeno noi cerchiamo attraverso l’allenamento di far crescere una qualità fondamentale per il futuro portiere, l’essere prepositivo.

        • Polisportività 25% 
        • Coordinazione 40%
        • Forza/Reattività 30%
        • Tecnica 5%
        • Tattica 0%
    • Dai 10 ai 15 anni se si è lavorato bene dal basso, si sarà acquisito un buon grado di forza e coordinazione, aspetti fondamentali per poter cominciare ad allenare gestualità  più tecniche. La libertà di esecuzione e la non intromissione deve essere la regola. Il richiamo dopo aver spiegato l’esercizio non deve essere fatto su ogni cosa, ma ridotto al minimo.

        • Polisportività 10% 
        • Coordinazione 30%
        • Forza/Reattività 35%
        • Tecnica 20%
        • Tattica 5%
    • Dai 15 anni ai 18 anni il processo di crescita avrà come fine il consolidamento di aspetti trattati a fondo negli anni precedenti. Il completamento del percorso di formazione giovanile coincide con la maggiore età. La forza viene stimolata in tutte le sue espressioni, la tecnica può come ultimo step essere meglio appresa e consolidata, anche la tattica dovrà ricoprire un ruolo importante in quest’ultimo periodo al fine di far trovare pronto il numero uno per eventuali chiamate in prime squadre.

        • Polisportività 0% 
        • Coordinazione 20%
        • Forza/Reattività 20%
        • Tecnica 30%
        • Tattica 30%

Il filo conduttore in tutto questo periodo detto evolutivo dovrà essere quello di mettere al centro del progetto il ragazzo al fine di farlo innamorare dello sport. Che curi gli aspetti emotivi e faccia affrontare le problematiche con i dovuti tempi senza fretta, ma soprattutto senza aiuto. L’aiuto dovrà diminuire percentualmente fino ad arrivare a zero durante una seduta di allenamento. La prima parte è di addestramento, poi tecnica applicata e per finire situazione di gioco.


Mr. Francesco Lafortezza

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